Il suono dell’Arcadia
L’Arcadia è il luogo mitico dove l’uomo può condurre una vita e prospera, grazie alla terra e ai doni della coltivazione, della vite e del vino; ma essa è anche Natura selvaggia, oscurata da selve e boschi, popolata da belve feroci, serpenti velenosi, mostri letali e divinità assassine.
Nella narrazione mitologica greca risalta l’opposizione tra il pensiero cosciente ed il suo opposto: il dominio dei sensi sulla mente. Apollo è il dio del pensiero razionale e dell’ordine, virtuoso della Lira, con la quale si accompagna nel canto e nella poesia lirica; Dioniso, dio dell’irrazionalità
istintiva, predilige l’Aulòs per i riti misterici e per le danze del suo culto. A Dioniso si deve la crescita e il rinnovarsi della vita, dei fiori e degli alberi; il vino e la birra da lui donati agli uomini, sono la bevanda che allevia gli affanni quotidiani nell’offuscamento della e della memoria, ma che induce anche alla follia e alla violenza dei sacrifici. Le manifestazioni della sua divinità sono le più varie: toro, leone, serpente, capro, Barbaro e Greco, giovane e vecchio. In una delle narrazioni del suo mito, egli nell’Ade e strappa alla morte la madre umana Semele.
II Mito di Orfeo, il più frequentato e conosciuto nel Rinascimento, condivide con quello di Dioniso la Discesa agli Inferi (Katàbasis); la scena ideale e lo sfondo della narrazione mitologica stanno sempre nella Natura mite e feroce, splendida e pericolosa, selvaggia e perfetta; Orfeo ammalia
le belve e incanta le selve e i monti con il canto, libera Euridice dall’ombra dell’ Ade e dalla morte, e sovverte la legge immutabile che impone agli uomini la fine della vita. Per questo, alla conclusione del 500´, Orfeo diventa il simbolo del potere trascendente della Musica e della sua indipendenza dal dominio politico e religioso.
“Per la magia spirituale non c’è niente di più efficace degli Inni di Orfeo, se si eseguono con il consenso di una musica adatta, di un’opportuna disposizione dell’animo e delle altre circostanze ben note al saggio” (Pico della Mirandola, 1494). “Canto a te Frate, amabile, notturna, celeste, terrestre e marina, amante della solitudine, superba dei cervi, regina invincibile, annunciata dal ruggito delle belve, d’aspetto imbattibile, domatrice di tori, signora del cosmo, protettrice delle strade, fanciulla frequentatrice dei monti” (Inno Orfico, anonimo greco del vo secolo d.C.)
II Teatro
Sappiamo poco del teatro tradizionale del Rinascimento; è stato scritto come la Commedia dell’Arte appaia sulla scena improvvisamente, nuova invenzione creata nell’ambito colto ed ispirato di certi impenitenti musicisti, tra i quali Orlando di Lasso; in verità sembra molto difficile che
una forma teatrale improvvisata, affollata da una moltitudine di Maschere dai caratteri stereotipati, possa essere stata inventata senza che fosse preceduta da una lunga tradizione orale; pensiamo invece che la sua origine sia ben più antica, da ricercare nell’antico teatro grecolatino e ancora più precisamente nei Fescennini di lontana origine etrusca, pagani e farseschi, oltre che nel teatro tardo latino di strada, ispirazioni della nostra allegoria teatrale.
La Musica
L’Aulos fu lo strumento principe dei riti Dionisiaci, del culto dell’ebbrezza estraniante indotta dal vino, dalla danza, dall’espressione artistica più profonda ed emotiva, destinata a suscitare le passioni e la loro catarsi.
Gli strumenti a fiato rappresentano il suono dell’Arcadia; la discendenza degli strumenti dei Menestrelli del basso Medioevo dagli antichi strumenti greco-romani, è evidente ed induce a pensare che le abilità musicali dei gruppi di Piffarie Menestrelli, discendessero in parte dalle antiche tradizioni degli Auledi greci e dei Tibicinatores e Tubatores Latini. Cornamuse, trombe, flauti, ciaramelle e corni, sono parte integrante dello strumentario dei Menestrelli da fiato tra la fine del Medioevo ed il Rinascimento; l’abilità dei Piffari era contesa dalle corti dei nobili, dai Comuni e dai ricchi borghesi, per feste e situazioni di importanza e rilievo sociali, di cui la danza era la principale. Le città più ricche pagavano a musicisti uno stipendio sostanzioso, che permetteva loro un buon tenore di vita e l’affrancamento dai problemi della sussistenza quotidiana.
Poco o niente si sa del loro antico repertorio musicale; per questo La Pifarescha ha spinto la propria ricerca tra le musiche meno note, tramandate in manoscritti poco conosciuti che sembrano
dedicati a repertori minori, al confine tra scrittura ed oralità.
La prassi della musica antica è in sé stessa una sorta di Ritorno all’età dell’oro e alla Natura, che passa attraverso la ricerca del sapere degli antichi Menestrelli, il quale ancora oggi è rintracciabile nei violinisti del ballo tradizionale (i Menetriers francesi), nelle bande di strumenti a fiato
della Mitteleuropa, nei Taraf della Bessarabia e Ungheria, nei musicisti del Ballo Saltato e Liscio dell’Italia del Nord.
Gioseffo Zarlino afferma nelle “Istituzioni Harmoniche” del 1562, che i “Balli in Italia” fossero suonati nel “Quinto Modo”, ovvero sulla moderna scala maggiore; questo passo Zarliniano ci fornisce una chiara descrizione della antica musica di tradizione orale italiana che risulta, in questo
aspetto, identica a quella attuale.
La musica tradizionale europea per danza, secondo alcuni studi recenti, sarebbe il retaggio ininterrotto della tradizione dei Menestrelli, discendenti diretti della musica Dionisiaca dell’antichità, osteggiata duramente e praticamente distrutta dalla Controriforma, poiché di origine pagana.
Nei brani tedeschi e in quelli provenienti dall’Europa orientale del nostro concerto, riconosciamo una musica originata dall’incontro di culture diverse; i Piffari viaggiavano spesso, accettando gli inviti dai nobili di tutta Europa, esportando in questo modo i modelli musicali del Rinascimento
in Europa orientale; questo induce a pensare che i manoscritti orientali (dai quali provengono diversi brani) possano rappresentare un buon esempio di quel genere musicale che in Europa occidentale rimase di tradizione orale a causa del confronto con i “maggiori e colti”. L’incontro con le melodie locali, dal diverso sapore modale, contribuì a trasferire in Occidente gli
archetipi musicali del Ballo Polacco e Ongaresco, passando attraverso il repertorio tedesco che è situato tra le due anime, occidentale ed orientale, del Vecchio Continente.
Il Friuli stesso, per posizione privilegiata e caratteristiche geografiche, incarna l’area ideale di contatto con il mondo dell’Est, nonché con l’intera Europa.
Intendiamo qui omaggiare anche un importante figlio adottivo di questa terra, Giorgio Mainerio, musico e prete talvolta discusso per i suoi più diversificati interessi culturali.
La pubblicazione del “Primo Libro dei Balli” (1578) rappresenta proprio l’esito concreto dei suoi contatti sovranazionali trasposti in sintassi musicale, con una poetica descrittiva che si dichiara già a partire dei titoli stessi (“Ungaresca, “La Tedesca”, “La Fiamenga”, “Ballo Angle«, “Ballo
Francese” ed altro.
Abbiamo scelto di frequentare queste ipotesi storiche con immaginazione ma anche seguendo il nostro metodo, frutto di anni di pratica ed esperienza, che ci conduce nella ricerca musicale delle prassi antiche.
La Natura fornisce tutti i materiali, dai più poveri ai più nobili, per la costruzione degli strumenti musicali: la canna palustre per i flauti, le pelli per i tamburi e lecorde, i corni e le grandi conchiglie marine i richiami ed i segnali, i metalli per le ed i sonagli, il legno per intagliarvi gli strumenti più diversi; Alfio antico è notoriamente il costruttore dei molti tamburi che suona e molti degli strumenti che La Pifarescha utilizza sono stati costruiti dagli stessi musicisti; la Natura è la fonte primaria del sapere che nel suo cammino tortuoso finisce sempre per riavvicinarsi ad essa.
ALFIO ANTICO, musicista ed attore, calca la scena come in un quadro da teatro allegorico tardo medioevale, e Io fa utilizzando la propria simbologia: con il “Tirso”, il bastone di Dioniso, con il “canto al tamburo” che evoca il mondo pastorale arcadico e con i suoi tamburelli dal potere orfico.
La Pifarescha con cornamuse, trombe, nauti, vielle, liuti, ciaramelle e corni, interpreta il ruolo dei “Piffari”, la antica banda medioevale di strumenti a fiato.